Gross Domestic Product: il negozio di Banksy che non voleva vendere niente

Banksy ne ha realizzate tanto di cose stravaganti, ma mai mi sarei immaginato che sarebbe riuscito a creare un negozio fisico dal nulla. Immagina di ritrovarti davanti ad una vetrina ed osservare al suo interno: oggetti assurdi, provocatori, a volte quasi comici. Il problema principale? La porta è chiusa, non si può entrare e non si può acquistare nulla: puoi solo essere spettatore.

Ecco: questo era Gross Domestic Product, il negozio di Banksy che ha fatto tutto il contrario di quello che dovrebbe fare un negozio: non vendere, non accogliere, non convincere. Eppure è stato uno dei progetti più geniali e critici mai partoriti dall’artista di Bristol.

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Gross Domestic Product: il non negozio a Londra

Gross Domestic Product si traduce in italiano letteralmente come prodotto interno lordo ed è stato scelto da Banksy perchè in inglese risuona anche come un gioco di parole per indicare un prodotto dedicato alla massa. Il nome risulta perfetto se pensiamo che tra le cose che critica solitamente l’artista di Bristol troviamo oggetti inutili, consumismo compulsivo e la mercificazione dell’arte (di cui lui è sia critico che partecipante, ma questo è un altro discorso).

Il negozio appare dal nulla l’1 Ottobre del 2019 in un quartiere nella zona Sud di Londra: Croydon. Come detto, più che un negozio, si trattava di alcune vetrine perfettamente adibite, quasi come se fossero il set di uno spot pubblicitario o meglio ancora una mostra.

Per quale motivo Banksy ha ideato il GDP?

Il GDP nasce per un motivo molto pratico: Banksy rischiava di perdere i diritti sul suo nome. Un’azienda di biglietti d’auguri stava infatti usando il marchio “Banksy” per vendere prodotti con le sue opere. La legge inglese è semplice: se non usi il tuo marchio, qualcun altro può farlo al posto tuo. Quindi Banksy ha deciso di agire facendolo a modo suo.

Per dimostrare di usare legalmente il marchio, ha creato e messo in vendita una linea di oggetti domestici, trasformando il tutto in un’opera d’arte collettiva e provocatoria.

Con il GDP, Banksy non solo ha protetto il suo nome, ma ha anche lanciato una critica brillante al mondo della pubblicità, del commercio e dell’arte come prodotto da vendere.

Era possibile acquistare i prodotti?

Qui viene il bello: era possibile acquistare tutti i prodotti esposti in vetrina, ma solo passando sull’apposito sito web (https://shop.grossdomesticproduct.com/). Si trattava di un numero minimo di oggetti, a volte anche in edizione unica, ma non era sufficiente essere benestanti per potersi permettere l’acquisto (perchè sì, i prezzi erano folli): era necessario giustificare la propria richiesta specificando perchè si meritava l’acquisto di quel prodotto. Non c’erano quindi aste, offerte al rialzo, rapidità di acquisto o altro… solo le migliori idee passavano allo step di checkout.

Banksy quindi anche in questo caso ribadisce che l’arte è una questione di soldi, ma non solo.

Che opere d’arte erano presenti nel negozio

Tra gli oggetti esposti nella vetrina di Gross Domestic Product alcuni sono rimasti impressi nella mia mente, quindi per me sono emblematici. La cosa importante è che non tutti gli oggetti sono stati realizzati da Banksy, come spesso succede l’artista di Bristol ha voluto dare spazio ad alcuni suoi colleghi.

Il giubbotto antiproiettile di Stormzy

Questo giubbotto inizialmente sembra una semplice uniforma di polizia, ma con sopra con l’Union Jack (la bandiera UK) sopra completamente antiproiettile. Stormzy, rapper brittanico, lo ha poi indossato sul palco di Glastonbury dando vita ad una performance live che è stata compresa solo dopo la condivisione da parte di Banksy stesso: una critica diretta al razzismo diffuso nel Regno Unito e soprattutto alla continua sorveglianza.

Tony the tiger: Banksy Rug

Quest’opera raffigura Tony the Tiger come un trofeo di caccia, denunciando l’uso pubblicitario dei personaggi per bambini e l’influenza del capitalismo sul consumo eccessivo di zuccheri. L’opera ironizza sul marketing aggressivo che danneggia la salute infantile, come dimostrano i milioni spesi ogni anno nel Regno Unito per estrazioni dentali nei più piccoli. Il tappeto diventa una riflessione potente sulla commercializzazione dell’infanzia e dell’arte stessa.

L’ascia di Escif

Banksy e l’artista spagnolo Escif hanno creato una scultura ironica: un’ascia da cui nasce un fiore, simbolo di pace e rispetto per l’ambiente. L’opera, fatta in resina e non utilizzabile, prende in giro la tradizione degli oggetti trovati trasformati in arte. È un mix di umorismo, arte e critica sociale.

Met Ball: il casco antisommosa da discoteca

Met Ball è una palla da discoteca fatta con un vero casco della polizia: un mix ironico tra potere e divertimento. Con questo oggetto Banksy critica la polizia e prende in giro l’élite dell’arte e delle celebrità: una scultura provocatoria che unisce il classico umorismo dell’artista ad un messaggio sociale.

Oggi che fine ha fatto il negozio?

Gross Domestic Product è durato poco, forse due settimana, ma il sito è ancora online. È stata un’idea sicuramente unica ed inaspettata, impossibile da replicare, e proprio per questo ancora attuale.

In un’epoca in cui l’arte è sempre più prodotto, Banksy ha creato un prodotto che è arte. Fa molto ridere il pensiero che proprio mentre la street art guadagnava sempre più spazio all’interno dei musei e quindi suscitava l’interesse dei milionari, Banksy ha chiuso tutto in una vetrina che nessuno poteva aprire, ma che tutti potevano vedere.



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