Heaven Spot: lì dove pochi osano

Sei sei un attento osservatore o un’attenta osservatrice di graffiti writing, allora ti sarà capitato almeno una volta nella vita di camminare, alzare lo sguardo e vedere in cima ad un palazzo delle scritte: ecco quello forse era un pezzo eseguito in un heaven spot. Quindi se sei curiosa o curioso come me allora immagino che nella tua testa avrai pensato a due cose:

  1. Ma come è possibile fare graffiti così in alto?
  2. E soprattutto, perché farlo?

Visto che anche io mi sono domandato queste cose tanti anni fa, oggi ho deciso di spiegartelo in questo articolo poichè, come si dice, non si smette mai di imparare.

Heaven Spot | Episodio 29 Disagismi Urbani | Street Art & Graffiti

Cosa è un heaven spot nel mondo dei graffiti e perché questi luoghi strategici sono così importanti nella scena? In questo podcast scoprirari di cosa si tratta!

Che cosa è un heaven spot?

Con il termine Heaven Spot non si indica uno stile di graffiti writing o di street art, come purtroppo a volte sento e leggo in giro, ma si indica un luogo (spot = punto/posto/luogo). Tendenzialmente gli heaven spot sono i cartelloni pubblicitari, i tetti degli edifici, la segnaletica autostradale, le antenne, i ponti… insomma si tratta di luoghi che “si trovano in alto”.

Il fatto di trovarsi in alto, però, non è caratteristica sufficiente per descrivere l’heaven spot, servono infatti altre particolarità come ad esempio il rischio che si corre per raggiungere quel posto, la presenza di traffico urbano e soprattutto il pericolo di essere beccati dalle forze dell’ordine.

L’heaven spot è quindi un luogo che comporta alti rischi per essere raggiunto, ma che ha anche una forte esposizione ed è visibile da più persone. Colpire un cartellone pubblicitario in un parcheggio vuoto, in mezzo al nulla, è comunque una sfida importante per i writer alle prime armi, ma quel luogo sicuramente non viene considerato un heaven spot dalla vecchia scuola.

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Perchè si dice heaven spot?

Esistono due scuole di pensiero riguardo all’origine della terminologia, entrambe valide.

La prima sostiene che il termine “heaven” derivi dal fatto che questi punti strategici si trovino tendenzialmente a grandi altezze, ben visibili dal basso e che impongono quindi di alzare lo sguardo al cielo. “Close the heaven” è una terminologia utilizzata ancora oggi nel gergo comune e che è stata inglobata nella scena del graffiti writing per indicare i pezzi vicini al paradiso e cioè in alto.

La seconda tesi sostiene invece che “heaven” derivi dal fatto che per raggiungere questi punti il pericolo a cui si va incontro è molto alto e così è anche il rischio di incidenti che purtroppo possono portare alla morte. Questo si ricollega al modo di dire americano “hitting up the heavens” che indica proprio il concetto di “andare in paradiso”.

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Perché colpire un heaven spot?

Come già raccontato in diversi articoli, un writer è spinto continuamente a migliorare sé stesso ed affrontare nuove sfide: muri, treni, metropolitane. L’adrenalina che scaturisce dalle attività notturne e diurne di writing è una vera e propria droga.

L’heaven spot è una di quelle sfide che spaventa, ma che allo stesso tempo affascina: è uno dei migliori modi per mettere alla prova sé stessi e soprattutto generare una botta di adrenalina mai provata prima.

Inoltre colpire un heaven spot con stile (e non con una minuscola tag) comporta grande riconoscimento nel mondo del graffiti writing poiché tutti sono consapevoli del rischio corso per poter raggiungere quel punto strategico.

Credit: la foto di copertina è stata scattata da Secse nel 1996 e mi sono permesso di prenderla in prestito da Pezzate Passate (Vandalo), uno dei blog italiani più importanti quando si parla di graffiti writing, perché NOCE è una delle prime tag di cui ho ricordo e solo chi è cresciuto a Milano può ricordare la potenza di quella facciata. Qui potete leggere l’articolo dedicato da cui questa foto è stata recuperata.

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